Dopo le positive esperienze precedenti, continua il progetto di residenza artistica teatrale del Crest.

Per l’attività 2019 del Trac – Teatri di Residenza Artistica Contemporanea, dal 15 al 21 novembre al TaTÀ di Taranto, la danzatrice e coreografa Giulia Bean sarà in residenza per lavorare al progetto “Cabe, a Vhs Elegy” (vincitore del bando Trac 2019 per la sezione “Trampolino”), con il supporto di Trac_Centro di residenza teatrale pugliese Crest – TaTÀ di Taranto. L’equipe artistica, tutta al femminile e under trenta, che affianca Giulia Bean annovera la dramaturg friulana Chiara Braidotti e Vittoria Guarracino, a cui è affidata la cura dei movimenti.

Un’elegia danzata in un mondo ricoperto di plastica e nastro magnetico

Prossima al debutto nazionale (il 26 gennaio 2020 al Teatro San Giorgio di Udine per la stagione del CSS Teatro stabile di innovazione del Fvg), “Cabe, a Vhs Elegy”, opera prima di Giulia Bean, è la conclusione di un percorso che parte da memorie personali, poi condivise, per indagare il rapporto padre-figlia e la propria identità. Attraverso movimento e parola la coreografa si interroga su ciò che rimane della vita di una persona negli oggetti che lascia: in questo caso, un padre che lascia a una figlia 349 videocassette. Visionando l’archivio come una scienziata, emergono le domande di figlia, entrando in contatto con quella giungla di plastica, il corpo inizia a disegnare una coreografia emozionale. Pubblico e interprete si ritrovano così archeologi e neurologi alla ricerca di un luogo cerebrale intorno al cuore del ricordo.

Com’è nato il progetto

«L’idea di questo progetto nasce da una scoperta familiare. A dieci anni dalla scomparsa di mio padre ho (ri)scoperto il suo archivio di videocassette: 349 Vhs di film registrati dalla televisione, numerate sulla costa laterale. Il motivo di tali registrazioni? Ad oggi rimane ignoto ed è una delle domande senza risposta di questo progetto. […] Per diversi motivi, il suo archivio si avvicina molto alle Time Capsules di Andy Warhol. Durante gli ultimi tredici anni della sua vita, l’artista ha catalogato e preservato oggetti di varia natura in alcune scatole – tra le 608 e le 610, contenenti più o meno 300.000 oggetti. All’interno di queste Time Capsules troviamo le cose più disparate, tracce di un presente di fine anni Settanta in cui la cultura pop straccia i parametri artistici precedenti: biglietti di gallerie, pubblicità postali, cibo in scatola, lettere dei fan mai aperte, un piede mummificato, oggetti usati e oggetti ancora nelle confezioni originali. E qui arriva Cabe, Carlo Bean, mio padre. La resa scenica di questo processo è la creazione di un universo parallelo, una quarta dimensione oltre la quarta parete in cui coabitino il movimento e una vallata di videocassette. In un mondo ricoperto di plastica e nastro magnetico nasce Cabe, una creatura senza tempo che vive nella memoria e ci accompagnerà in questo ultimo viaggio: un’elegia per un essere ancora vivo», annota Giulia Bean.

L’artista Giulia Bean

Coreografa e performer. Nata a Monfalcone (Gorizia), consegue con lode il diploma accademico di II livello in coreografia all’Accademia Nazionale di Danza (Roma), studiando con coreografi di fama nazionale ed internazionale quali Adriana Borriello, Richard Haisma, Michele Di Stefano, Lenka Vagnerova, Nelisiwe Xaba e Frey Faust. Nel 2017, assieme a Silvia Autorino, realizza per il 42mo Cantiere Internazionale D’Arte (Montepulciano) una versione di “Le sacre du Printemps” di Igor Stravinskij, con musiche eseguite dal vivo a quattro mani, in collaborazione con Accademia Nazionale di Danza. Nel 2018 segue come tirocinante la compagnia di Lenka Vagnerová (Praga) durante la nuova creazione dello spettacolo “Avant Tout” del regista Lionel Menard. Da sempre affascinata al mondo analogico e all’esplorazione dei corpi non accademicamente educati, affianca la pratica con non professionisti attraverso le tecniche dell’improvvisazione. Ha un rigore scientifico nel raccogliere movimenti ed emozioni, digerirli, annotarli e trasformarli in qualcosa di nuovo, attraverso il filtro e l’impollinazione incrociata con altre arti.